Post-Evento SOS Economia Circolare

Tre insegnamenti chiave

Caro Emanuele, è stato un piacere avvalersi della tua competenza e dei risultati della tua preziosa indagine nel nostro settore, condividendola con i partecipanti in occasione della campagna SOS Economia Circolare da noi promossa. Oggi a distanza di un mese, mi piacerebbe valorizzare il tuo racconto giornalistico sui contenuti dell’evento. Che articolo scriveresti?

“Come lasciare un’impronta senza calpestare nessuno” è il titolo dell’interessante evento organizzato il 28 settembre da Agricom sul tema della bioeconomia circolare e da me moderato. Focus della discussione gli scarti del settore agroalimentare e come trasformarli in nuova materia e nuovi prodotti. Sfridi, imballi ed eccedenze (ma anche imballaggi) hanno oggi possibili applicazioni come materiale riciclato, energia da biomasse, biomassa per mangimi, come ben dimostra il business model di Agricom. Come direttore della rivista internazionale di economia circolare e bioeconomia Materia Rinnovabile, conosciamo bene la complessità della destinazione degli scarti agricoli e agroalimentari. Normativa, logistica, purezza dello scarto, capillarità della materia, industrializzazione della rigenerazione e riciclo degli scarti, complessità della domanda sono alcune delle problematiche che sono state portate all’attenzione di questo evento. Sono tre tuttavia quelli che in inglese chiamano takeaways, cioè gli insegnamenti fondamentali che si possono derivare di questo incontro.

Il primo è sicuramente quello della SIMBIOSI INDUSTRIALE e della NECESSITA’ DI FARE GRUPPO. Le storie di collaborazione portate all’attenzione del pubblico da Menz&Gasser, da Molino Rachello, PanPiuma e PastaZara hanno mostrato come conoscere i reciproci processi industriali, scambiare dati, informazioni e instaurare una fiducia (che in alcuni casi è pluridecennale) è fondamentale per creare strategie ad hoc e massimizzare gli impatti (ambientali) e la resa (economica), al punto da progettare insieme macchinari per svuotare i vasetti di marmellata invenduti, come raccontato da Matthias Gasser.

Il secondo è quello dei DATI. Sostenuto da fonti Ispra ho dimostrato come manchino dati complessivi aggregati per fornire intelligence alle aziende di settore. Quanti sono gli scarti dell’industria dell’olivo? E quelli della vite? A livello territoriale o di settore qualcosa c’è ma la politica è invitata a fare di più proprio per sostenere la simbiosi industriale di cui sopraLa sfida è capire i sistemi complessi dove sono le perdite del sistema agro-alimentare in Italia? Quanto e cosa viene scartato? Valorizzare gli scarti è sostenibile? Lo IUAV Università di Venezia ha provato a rispondere a queste domande dal punto di vista di Agricom sfruttando anche l’analisi LCA condotta da Daniel Collenzini, Ricercatore, e mostrando i vantaggi ambientali ed economici della filiera. Questo tipo di lavoro – questo è uno spunto per gli amici del cluster SPRING, del ministero dell’Ambiente e dell’agricoltura – andrebbe replicato a livello nazionale in tutti gli ambienti dell’agroalimentare. Con grandi ricadute sull’intero sistema paese.

Il terzo insegnamento è quello dell’AZIONE CONCRETA. Come giornalista ho sempre apprezzato vedere con i miei occhi quello che fanno le imprese per dare sostanza ai dati e ai claim di sostenibilità. Poter vedere da vicino l’organizzazione degli scarti del settore della pasta e pane o delle conserve ha aperto la vista all’immenso potenziale inespresso. Dunque partire dai dati e dalle tecnologie e applicazioni concrete può essere un insegnamento per le decine di migliaia di imprese dell’agroalimentare. Agricom ha lanciato una sfida interessante a tutto il territorio nazionale, ma non solo: questa esperienza può diventare un flagship-case per le politiche agricole comunitarie, fatto di risultati ed azioni concrete e scalabili. Un tema sicuramente da seguire, parola di giornalista.